Fantozzi e Filini go to Australia – cap III

A oltre un mese di distanza dal nostro ritorno pubblico le tragicomiche avventure che hanno visto me e la mia compagna protagonisti di una delle vacanze più sfigate della nostra vita. Il tutto all’altro capo del mondo.

Capitolo III – Lady Musgrave Island, la gita in barca

Ci sarà da ballare un po’ ci dice l’addetta dietro al bancone.
E vabbé, sicuramente rimetterò l’anima (non so se al nostro dio o a qualche altra divinità aborigena). Mi abbotto di Travelgum e incrociamo le dita.

the breakfast basket

the breakfast basket

Ci sarà da ballare dice la bionda e atletica ragazzona dell’equipaggio sulla barcone. Sbaglio o ha omesso un po’?
Comunque tranquilli, davanti a voi avete quelli che chiamiamo breakfast baskets e noi siamo abituati a gestire queste situazioni. Il fatto che ce ne siano 4 o 5 a testa di questi simpatici sacchettini mi conferma che l’un po’ era stato effettivamente omesso.

Il barcone è pieno per metà. Oltre a me e Mara tra i passeggeri ci sono 2 giovani autoctoni surfisti, la Famiglia Fetuso al completo ma senza la sora Lella e una giovane coppia di tedeschi iperattivi. Il resto dell’imbarcazione è composta dal gruppone vacanza Circolo Compagni del Popolo “Mao Tze Tung”. Gruppo di età variabile tra i 15 e i 97 anni (nel senso che non si capisce che età abbia nessuno di loro) e vestiti talmente inadeguati per una gita in barca a un atollo della Grande Barriera Corallina da sembrare delle comparse in una candid camera.

sea storm

Come ci sentivamo

Partiamo sotto un cielo plumbeo. Io mastico la mia prima Travelgum.
Appena usciti dal porto capisco perché l’equipaggio ha avuto il pudore di non pronunciare quel tranquillizzante un po’. Siamo sulle montagne russe. Il barcone si impenna manco fosse Valentino Rossi in sella alla sua Yamaha per poi tuffarsi di prua con un carpiato meglio della Cagnotto.
Mara è seduta al mio fianco con una faccia da cinema espressionista tedesco. La sento infrangere il secondo comandamento con cadenza regolare.
Dopo esattamente 2 minuti e 13 secondi di navigazione in mare aperto, poche file davanti a me, vedo la prima delle quindici-novantenni cinesi china sul suo sacchetto.
Resto in rassegnata attesa della nausea.

I giapponesi raccontano una storiella a noi occidentali: sapete come potete distinguere un giapponese da un coreano? Che noi non puzziamo di aglio.
Ecco potete usare lo stesso metodo coi cinesi.

Io – sorprendendo anche me stesso – resisto almeno un’ora. L’ultima cosa che ricordo è Mara che scappa terrorizzata verso poppa nel momento in cui afferro il mio bel cestino della colazione.
In realtà una volta essermi liberato il resto del viaggio non va neanche male.

lady musgrave

Impermeabilizzati!

Giunti all’interno della laguna le acque si calmano. Seguo il consiglio della ragazzona e mangio qualcosa. Funziona!
Il problema è che il tempo sull’atollo è pure peggio di quando siamo partiti. Piove e c’è un gran vento.
Veniamo dotati di pratico impermeabile giallo d’ordinanza che indossiamo sul costume da bagno facendoci sembrare un incrocio tra l’orso Paddington e un maniaco sessuale al parco.
Noi.
I cinesi lo indossano sopra i loro completi pantalone-camicia-giacca in pratico cotone plastificato e dal caratteristico taglio sartoriale cinese. Il tutto completo di mocassino in simil-pelle cartonato ovviamente.

Il giro sull’isolotto è breve. Per fortuna.
Tornati sulla piattaforma dove sta ormeggiato il barcone è giunto il momento dello snorkeling.
Dato che ci saranno 12 gradi, piove e tira vento, molto generosamente l’organizzazione ci concede l’uso delle  mute a titolo gratuito.
Sono curioso di vedere i cinesi indossarla sopra il completo come James Bond ma le mie aspettative vengono deluse: solo uno di loro ci stupisce con uno slippino da bagno ascellare che mi ha commosso riportandomi alla mente mio nonno che ne indossava uno identico nel 1976. Ovviamente era fuori moda già allora.

In acqua, nonostante le mute, resistiamo per un quarto d’ora. Anche perché di pesci, tartarughe e squaletti ce ne sono ma senza luce sembra di vedere un documentario di Jacques Cousteau. I primi, degli anni ’40, in bianco e nero.

Il viaggio di ritorno fila via liscio come l’olio. Beh, quasi. Si balla lo stesso ma grazie alla direzione delle onde nessuno sta male.

Superfluo dire che 2 giorni dopo c’era una giornata spettacolare con cielo blu intenso e il classico solleone!

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