La speranza è l’ultima a morire

over the bridge

over the bridge

Un altro simbolo di San Francisco – anzi, IL simbolo di SF e della California tutta – è il Golden Gate bridge.
Il ponte unisce la città con la bella e tranquilla Marin County (vale la pena raggiungere Sausalito con una rapida pedalata in discesa. Un grazioso ed elegante pasino con un mix di negozi e locali di lusso e botteghe di souvenir made in China) e sovrasta appunto il Golden Gate, cioé la porta d’accesso al Pacifico.

Mentre lo attraversavamo in sella alle nostre bici a noleggio sulla corsia ciclopedonale ho notato dei curiosi cartelli. All’inizio credevo fosse una pubblicità di qualche setta tipo Scientology. Poi, leggendo con attenzione, mi sono accorto di ciò che era veramente.

Hope

Hope

Così scopro che il GGB è al primo posto dei luoghi preferiti per il suicidio negli Stati Uniti.
Ci sono persone che arrivano addirittura da lontano, con auto a noleggio, taxi e bus per poi buttarsi giù dal ponte.

Ora, se è vero che è piuttosto semplice saltare giù dal GGB per l’altezza veramente ridotta del parapetto, mi domando cosa rende questo particolare ponte più appetibile di altri posti? Anche dal Grand Canyon, per esempio, sarebbe semplice buttarsi!

Ma evidentemente il ponte ha un fascino romantico irresistibile.
Anche il nostrano Ponte di Paderno, ai tempi del Liceo, evocava affascinanti e tragiche storie di suicidi.

I tram di San Francisco

SF cablecar

SF cablecar

Una delle attrazioni di San Francisco, si sa, sono i ripidi saliscendi su cui arrancano (piuttosto agilmente, a dire il vero) i buffi tram dove la gente sta appesa anche al suo esterno.
In realtà non sono dei veri e prorio tram quanto delle funicolari – cable cars (nella foto, la curiosa manovra manuale per girare la carrozza al capolinea). Sotto i binari si cela infatti un complesso e robusto sistema di cavi che traina i trabiccoli su e giù per le colline di Frisco.
Oltre alle famose funicolari però , a San Francisco operano anche i tram – streetcars – più classici. Anzi, soprattutto per noi milanesi, molto classici! Infatti sulla affolatissima e trafficatissima linea F operano svariate carrozze “storiche” provenienti da altre città, sia amercane che estere.
Tra tutte le carrozze un posto d’onore tocca proprio ai tram arancioni dell’ATM.

Come documentato qui, la prima carrozza fu donata alla città di Frisco dall’ATM nel 1984, in occasione di una fiera. Il tram milanese piacque talmente tanto ai cittadini di San Francisco che ne furono ordinati altri 10. Sono tutti operanti sulla linea F (io e mara ne abbiamo preso uno, ma non quella infausta sera!)
Su ognuno dei tram storici si trova, al centro della carrozza, un cartello con la storia del mezzo. Un accorgimento che rende il tragitto interessante non solo per il percorso ma anche per il mezzo stesso su cui lo si sta facendo.

Se passate da Frisco non perdetevi quindi un giro sia sulle cablecars (appesi fuori ovviamente!)

Mara hangin' on

Mara hangin' on

che sulle streetcars. Ma munitevi di pass giornaliero, perché un tragitto di sola andata sulla cable car vi costerebbe 5$!

Cars

Che gli Stati Uniti siano la patria dell’automobile è cosa risaputa. Leggi qualsasi guida e ti dice che gli americani passano la vita in macchina e che questo è il mglior mezzo di trasporto per girare. Non potrebbe essere altrimenti in un paese tanto grande dove sarebbe oggettivamente impossibile creare una rete capillare di trasporti pubblici.
Eppure ci sono cose che non mi spiego. Se il trasporto in auto è così importante, perché non hanno fatto sviluppo sui motori?
Ad iniziare dal carburante. SOLO benzina. Ma lì costa meno, direte. E’ vero che il prezzo della benzina è basso (noi abbiamo pagato tra 0.5 e 0.6€ al litro) ma:

  1. il gasolio costa meno della benzina anche lì dove c’è poco mercato
  2. un qualsiasi motore diesel consuma meno gasolio che un benzina
  3. non hanno – o meglio non si pongono problemi di inquinamento. Non ci sono Euro 0, 1, 5 ecc. Circolano certi catafalchi!
  4. come noto hanno dei mezzi giganteschi con cilindrate (che da noi manco i TIR) con consumi altissimi!
  5. infine, hanno solo il cambio automatico

Per cui alla fine il risparmio che hanno sul prezzo della benzina viene annullato.
Gli ultimi due punti in particolare mi hanno colpito.
Perché hanno tutti il cambio automatico in un paese dove il 90% della popolazione circola su strade deserte e dritte?
Posso capire la comodotà in città, ma per il resto, con un cambio manuale non si userebbe che la quinta con un notevole risparmio sui consumi.
Per quanto riguarda la dimensione dei mezzi, per circolare appunto su strade deserte trainando ciò che trainano loro (è impressionante: camper con attaccati SUV che trainano una barca! Qui se ne intravede un dettaglio)

camper con SUV

camper con SUV

potrebbero anche essere giustificati , ma poi usano quei camion anche in città… anche se tutto il mondo è paese. Anche da noi c’è la mania del SUV pur essendo un mezzo inutile, scomodo da manovrare e dannoso (per l’ambiente e per la sicurezza degli altri).

Tant’è, questa è solo una delle stranezze americane.
Vi lascio con una galleria di mezzi che ho trovato lì.

Back Home – i numeri

Siamo a casa. Da qualche ora in realtà ma il fuso ci ha… fuso!
Come accennavo nel post precedente, le cose, dal punto di vista del blog, non sono andate come speravo. Non sono riuscito ad acquistare il netbook e non sono quasi mai riuscito a trovare un computer per collegarmi e aggiornarlo.
Non mi resta quindi che fare un racconto di memorie.

Iniziando dai freddi  numeri.
15 giorni, di cui 2 passati in volo.
2944 miglia percorse (di cui oltre un centinaio su sterrati), corrispondenti a 4738 km, su un Dodge Nitro 4×4 grigio.

Dodge Nitro

Dodge Nitro

ingresso alla Death Valley da nord

ingresso alla Death Valley da nord

1 foratura – ovviamente nel mezzo della Death Valley con ca 46 gradi sotto il sole!
Qui
il percorso completo.
6 parchi nazionali, 1 State park e 1 parco Navajo.
4 hotel, 2 bungalow e svariati motel.
Una decina di sacchi di ghiaccio acquistati o riempiti negli hotel/motel per la nostra scatola frigorifera del 7 eleven.
Una serie infinita di escursioni termiche. Sia della temperatura atmosferica che di quella delle bevande!
Ore di sonno poche, ore da recuperare tante.

A breve inizierò a caricare le prime foto.

2009 Fuga da Las Vegas

Sono passati parecchi giorni e parecchie miglia (ormai ragiono in miglia!) dall’ultimo post.
Il fatto e’ che qui negli States sono troppo avanti per noi. E’ vero che ogni motel, hotel o B&B ha un collegamento. Il problema e’ che e’ sempre un collegamento WIFI, per cui se non hai un computer tuo… nisba!
Stasera mi trovo in una ridente localita’ chiamata Page, sul Lago Powell. In realta’ qui da ridere c’e’ ben poco. Il posto e’ piuttosto triste. E’ famoso giusto per il lago e la diga che lo ha formato: un immenso bacino in mezzo alle mesas del deserto tra Utah e Arizona. Un posto assurdo!
Tra l’altro alloggiamo in uno squallido motel Super8. Una vera schifezza rispetto allo splendido chalet

Zion Mountail Lodge

Zion Mountain Ranch

da cowboy in cui abbiamo dormito ieri notte, appena usciti dallo Zion Canyon. Un posto idialliaco, doppiamente apprezzato dopo l’inferno di caldo della Death Valley e quello di caldo, caos e tafanaggine di Las Vegas. Per la cronaca, abbiamo dormito qui, nella piramide.
Di Vegas solo una cosa mi ha lasciato soddisfatto: che avevo ragione ad essere prevenuto. Fa veramente schifo!
Domani visiteremo la famosa Monument Valley. Un’altro pezzo di Western dopo la cavalcata a dorso (di mulo)

Mara su Priscilla

Mara su Priscilla

di oggi nel Bryce canyon.

Al prossimo internet point!

New (mis)Adventures in Lo-Fi

premessa: “l’inverno piu’ freddo che ho passato e’ stata un’estate a San Francisco” (Mark Twain).

Dopo una tipica giornata da turista con chilometri miglia macinate a piedi, conclusasi con visita serale ad Alcatraz, uno non vede l’ora di tornare in albergo, fare una doccia calda, mangiare qualcosa e andarsene a letto.
Cosi’ stavano certamente pensando tutti i disgraziati che, alle 9 di sera, scesi dal traghetto, erano in attesa del tram ignari della serie di scelte sbagliate ed eventi avversi che li aspettava da li’ a poco.

Prima scelta sbagliata: attendere il tram* sfidando il pannello elettronico che indicava un’attesa di 15 minuti. Poi 10, poi 5, 4, 3, 2… di nuovo 4, 3, 2… ancora 5. A quel punto serpeggia del malumore misto a scoramento (o era sfinimento?).
Primo evento avverso: ma in fondo al viale spunta il tram. Si avvicina… eccolo. STRAPIENO! Un altoparlante ci annuncia che e’ troppo pieno e dobbiamo attendere l’altro.
La folla disperata perde la testa e scatta la seconda scelta sbagliata: spostarsi in massa dall’altro lato della banchina e saltare sul tram in arrivo in direzione opposta. Lo scopo sarebbe quello di raggiungere il capolinea (solo 2 fermate) e ripartire da li’ anziche’ attendere il prossimo nella direzione giusta. Giunti al capolinea il tramviere ci fa scendere e ci comunica che lui va in pausa. Passano circa 20 minuti. Si riparte pigiati come sardine (a onor del vero io e Mara siamo riusciti a sederci)
Secondo evento avverso: dopo poche fermate dal capolinea il tram si ferma improvvisamente in mezzo alla strada. “POWER CUT” comunica il tramviere. La parola suicidio viene declinata in svariate lingue e dialetti. Quando siamo oramai rassegnati a farcela a piedi stanchi, infreddoliti e affamati, le luci si riaccendono e possiamo ripartire.
Terzo evento avverso: alla fermata successiva sale un homeless… un clochard… un barbone insomma. Si posiziona in piedi accanto al nostro sedile. Nel giro di pochi istanti l’aria – gia’ viziata per il sofrafollamento – si fa pesante. Passano altri 10 minuti ed e’ irrespirabile.  Mara e’ costratta ad alzarsi ed allontanarsi, io faccio il resto del viaggio con la testa fuori dal finestrino.
Arriviamo a destinazione verso le 22.30.  Distrutti nel fisico e nello spirito. Inoltre temiamo di essere costretti a mangiare ancora una volta hamburger al Lola’s Diner: la sera prima il giapponese che avevamo puntato ha chiuso alle 21.
E invece la serata si chiude bene. Il giapponese e’ aperto. Facciamo fatica a mangiare per la stanchezza. Appena entrati in capmera ci gettiamo sul nostro king size bed con 6 cuscini.

postilla: tutto cio’ accadeva Lunedi’. Oggi ci siamo goduti la nostra ultima giornata a Frisco con un giro in bici al di la del Golden Gate Bridge. Purtroppo, non ho modo di caricare le foto per mostrarvele.

* i tram di San Francisco meriterebbero un post a parte. Spero di riuscire.

Frisco!

San Francisco e’ come tutto qui negli States: un deja vu!
Perche’ , anche se non ci si e’ mai stati, si ha l’impressione di sapere gia’ tutto.
Che poi non e’ mica vero. Io non lo sapevo che si mangia dell’ottimo granchio anche nella turisticissima Fisherman’s Wharf. Non lo sapevo che la Little Italy di qui e’ molto piu’ grande di quella ben piu’ famosa di NY. E non sapevo nemmeno che una bottiglietta d’acqua costa esattamente il doppio di una coca! (in compenso i Levi’s costano poco – grazie, sono nati qui a Frisco!)
Siamo solo alla prima giornata ma questa citta’ e’ gia’ entrata nella mia top 5.

Adesso vi lascio. Siamo diretti al Pier 33. Destinazione Alcatraz, the Rock. Se sopravvivo al mal di mare della traversata scrivero’ ancora!

Here we fuckin’ go!

Borse fatte, documenti pronti sul tavolo, dollari presi.
L’ultimo giorno di lavoro è passato indenne (con qualche rischio di rimanere incastrati fino a tardi!)

Manca ancora una cosa essenziale affinché 18 ore di viaggio aereo possano essere sopportabili: la musica.
Non ho ancora avuto tempo di aggiornare la playlist del mio ipod nano da 2Gb e non so nemmeno cosa portare.

Una cosa è certa: i Glasvegas non potranno mancare

Da lunedì, spero di potervi offrire il primo post yankee.
A presto  e buon weekend!